Descrizione
IL DISCORSO DI CESARE BATTISTI FATTO A LAVIS IL 1 MAGGIO 1909
I cattolici ad inizio 1900 vedevano nel primo maggio una festa prerogativa del socialismo e della rivoluzione più che la celebrazione del lavoro e delle aspettative della classe lavoratrice. Di fronte a questo stato di cose gli ambienti ed i giornali ecclesiastici invitavano a festeggiare il 15 maggio, anniversario della promulgazione dell'enciclica Rerum nova-rum, dandole la veste di festa del lavoro cristiano e fino al 1908 questa data venne presentata come una vera e propria celebrazione alternativa con un'impronta commemorativa di tipo cristiano.
Dal 1908, l'Unione popolare tra i cattolici d'Italia invitò i propri simpatizzanti ad unirsi alla festa del lavoro, avendo questa perso i caratteri che avevano provocato l'astensione dei cattolici, raccomandando una partecipazione attiva con comizi, adunanze, cortei e propaganda del programma democratico cristiano. Da questo momento, nelle cronache del primo maggio entrò un altro elemento, cioè l'acceso dibattito tra le forze politiche, in particolare fra socialisti e cattolici. Sin dal primo contrapporsi dei due movimenti infatti, le posizioni cattoliche furono di dura condanna nei confronti del partito socialista ritenuto rivoluzionario, violento e anticristiano; a sua volta il PSI apostrofava i cattolici come sfruttatori dei lavoratori ed annebbiatori delle coscienze. Le cronache del primo maggio a partire dal 1909 si riempiono di scontri verbali, di accuse e talora di intemperanze che sfociarono anche in episodi di violenza. Mentre il PSI considera la partecipazione dei cattolici alla festa come una pura provocazione, i giornali cattolici accusano gli avversari di strumentalizzare la giornata con accenti anticattolici e con l'esaltazione del matrimonio civile. E’ in questo clima che il 1 maggio 1909 si festeggiò a Lavis la festa dei lavoratori con il discorso di Cesare Battisti come riportato nelle cronache dei giorni successivi del 3 maggio del giornale Il Popolo, e del 6 maggio 1909 del giornale L’Avvenire del Lavoratore in articoli dal titolo “Primo maggio a Lavis: Piccole guerricciole – Il concerto in piazza”. Ecco quanto si legge: “Ben 23 membri della nostra Banda (su 261) fecero domanda alla direzione di poter il giorno del Primo Maggio fare un giro per la Borgata. Tre membri della direzione si opposero. Due soli furono favorevoli. Si volle proibire l’uscita della Banda con puerili pretesti, sperando di togliere così importanza alla nostra manifestazione. E invece? Invece quest’anno si ebbe la completa astensione dal lavoro di tutti i muratori e manovali, ai quali s’aggiunsero numerosi artigiani. Alla sera, poi, alle ore 8.30, nella piazzetta del Leone, accorsero ad assistere alla conferenza del dottor Battisti tutta intiera la popolazione: contadini, operai, borghesi. Sui poggioli attigui c’erano decine e decine di donne. La piazza era illuminata con palloncini veneziani. Presiedeva il compagno Ciro Marchi. La conferenza del dottor Battisti sul significato del Primo Maggio fu applauditissima. Specialmente la sua critica all’opera del clericalismo che vuole ribadire al popolo le catene del servaggio e dell’ignoranza, fu seguita con vivo interessamento. Non merita neppure d’esser accennato, perché finì nel nulla, l’incidente sollevato da un clericale che si mise a gridare. A comizio finito si cantò fra vivo entusiasmo l’Inno dei lavoratori”.
La mattina dello stesso giorno, Benito Mussolini aveva pronunciato un discorso presso la Camera del Lavoro a Trento, sottolineando il ruolo della festa del lavoro come un "rito per favorire l'ascesa del socialismo" e contro il militarismo, esprimendo quindi un sostegno al lavoro e agli ideali socialisti. In quel periodo, Mussolini era un esponente del Partito Socialista Italiano e collaborava con il quotidiano "Il Popolo", diretto dal socialista Cesare Battisti affermandosi sin da subito come un'autorevole voce all'interno del partito stesso. Anche lui, come Cesare Battisti, era amico del lavisano Ciro Marchi e più volte partecipò agli eventi organizzati dalla Società lavisana il Quadretto di Lavis, una sotto sezione della Lega Nazionale: l’ente che si occupava di favorire e incentivare lo studio della lingua italiana entro i confini dell’Impero Austro-Ungarico.
Attraverso la lettura dell’articolo del giornale Il Popolo pubblicato il 3 maggio 1909, è possibile tracciare, in linea di massima, il pensiero socialista del “compagno Mussolini”. Il primo maggio, secondo il futuro Duce d’Italia, non era una festa, ma un “rito: uno sciopero generale simboleggiante quello per cui si dovrebbe arrivare alla vittoria del socialismo”. Mussolini affermava che la festa dei lavoratori indicava l’affermazione dei seguenti punti: lotta contro il militarismo, abolizione della proprietà privata “e più esattamente –spiega– del padronato". Mussolini, nelle battute finali del
suo intervento, criticò, mediante un interrogativo, quello che si potrebbe definire con il termine di “socialismo trentino”: “Perché mentre alle conferenze socialiste del Regno (d’Italia), fra gli attoniti e spesso dolorosi visi degli operai, noi vediamo mescolarsi frequente gli occhi ardenti dei giovani studiosi, qui nessuna corrente viene dalla classe borghese a fraternizzare, a rinvigorire e a esserne a sua volta anche più rinvigorita, in questo stupendo sbocciare della vita dell’avvenire?”. “Ah, caro Mussolini!” – risponde il cronista –“ Siamo …. in Austria!”.
Ma … il 19 aprile 1923 con un decreto legge proposto dal governo dello stesso Benito Mussolini e approvato dal Consiglio dei Ministri, la festività del primo maggio verrà abolita e accorpata alla festa ufficiale del fascismo del "Natale di Roma”: il 21 aprile. La festa del 1 maggio fu ripristinata in Italia dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale. Con la liberazione del Paese e la nascita della Repubblica italiana nel 1946, il 1 maggio tornò ad essere una festa nazionale, riconosciuta e celebrata.
Testo arch. Andrea Brugnara
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Ultimo aggiornamento: 30 aprile 2025, 15:01